07.03.2016
Le imprese devono scommettere sulle regioni. Ne è convinto Konstantin Krokhin,presidente della Commissione della Camera di Commercio di Mosca per la cooperazione con i partner italiani, secondo il quale il nuovo El Dorado in Russia si trova fuori dai confini di Mosca e San Pietroburgo. Fra vantaggi e agevolazioni, Krokhin ha spiegato quali sono oggi le reali opportunità di questo territorio. Nonostante le sanzioni.
Ci dia un quadro della presenza italiana in Russia
La Camera di Commercio di Mosca non è un ente che si occupa di statistiche. Non siamo quindi in grado di quantificare con esattezza il numero di imprese italiane. Osservando però il numero di aziende con le quali abbiamo un dialogo, direi che ci sono almeno 400 aziende italiane piuttosto grandi. A livello di singoli imprenditori, invece, il numero cresce notevolmente: è difficile quantificarli con precisione, ma sono almeno diecimila, molti dei quali attivi nel settore dell’alimentare e della ristorazione.
Gli imprenditori italiani hanno iniziato a guardare con interesse anche oltre i confini di Mosca
L’economia globale sta cambiando la percezione degli spazi e il modo di concepire il business. Se fino a prima si puntava prevalentemente su Mosca, dove ci sono sempre state grandi opportunità e una solida rete di comunicazione, infrastrutture e personale, ora si guarda oltre i confini della capitale. D’altronde buona parte delle nostre ricchezze e delle materie prime si trova proprio nelle regioni: a Mosca non ci sono giacimenti di gas o aziende agricole. E ora gli imprenditori hanno capito che fuori dalla metropoli ci possono essere molte più opportunità di quanto si pensasse.
Quali nello specifico?
Molte regioni hanno bisogno di modernizzazione a livello industriale, tecnico, di trasporto pubblico. Il semplice smaltimento dei rifiuti, per esempio, che a Mosca è gestito in maniera normale, nelle regioni deve ancora essere perfezionato. Questa, per esempio, potrebbe essere un’interessante opportunità di business.
La delicata situazione internazionale però rende tutto più complicato…
Le divergenze di pensiero con le istituzioni europee pesano sui nostri rapporti e sul futuro di alcuni grandi progetti, come quelli energetici. Ma allo stesso tempo mi sembra che l’Ue non sia affatto contraria a rafforzare le relazioni con le regioni, per esempio a livello turistico. Noi, in questo senso, abbiamo il compito di spiegare all’Italia cosa manca nelle regioni, dagli aeroporti alle strutture alberghiere.
A proposito di turismo, i russi hanno sempre avuto una particolare predilezione per l’Italia. Secondo lei bisognerebbe puntare di più sul business dei turisti provenienti dalle regioni? In che modo?
Il turista russo non è un turista europeo: abbiamo distanze così grandi che le informazioni “viaggiano” in modo diverso e si perdono. Fuori da Mosca e San Pietroburgo spesso le notizie non arrivano, o la gente legge poco: ecco allora che si conoscono molte cose di Ufa, ma niente di Parigi o Milano. Inoltre i turisti russi, soprattutto quelli che vivono fuori dalla capitale, sono soliti viaggiare con gruppi organizzati. Bisognerebbe quindi puntare su una maggiore promozione del turismo, senza limitarsi a fornire semplici informazioni su internet. L’Italia non dovrebbe perdere l’occasione di attirare quei turisti che amano il vostro Paese e che avrebbero le possibilità economiche di andarci.
Per esempio, su quali regioni bisognerebbe puntare?
Una fra tutte la Bashkiria: è la quarta economia del Paese e di recente ha avviato importanti accordi con la Regione Lombardia in ambito agricolo, metalmeccanico, aerospaziale, petrolchimico e, non per ultimo, turistico. La Lombardia è uno dei luoghi più visitati in Italia e speriamo di orientare in quella direzione molti turisti bashkiri. La presenza di voli low cost e di infrastrutture russian friendly ovviamente è molto importante. Anche la Bashkiria comunque desidererebbe molto attirare turisti italiani nel proprio territorio, ricco di storia e cultura. Nureev, per esempio, è nato qui e c’è un meraviglioso museo a lui dedicato.
Oltre al turismo, in quali altre sfere intravede interessanti opportunità di investimento?
Sicuramente l’alimentare. È vero che con l’embargo molti prodotti europei non vengono più venduti in Russia, ma il mercato è rimasto. E la domanda non è scomparsa. Anzi!
Bisognerebbe quindi puntare maggiormente sul cosiddetto Made with Italy?
Il Made with Italy non è un semplice slogan. Per non perdere quote di mercato gli imprenditori italiani dovrebbero prendere in considerazione l’idea di spostare la produzione in Russia, sfruttando le proprie tecnologie e il proprio know how. È un’opportunità che potrebbe dare grandi risultati perché il mercato russo è chiuso all’import ma è aperto alla produzione interna.
Ci faccia un esempio concreto di quale potrebbe essere un progetto di investimento interessante.
Prendiamo come esempio i formaggi: i formaggi prodotti in Russia sono spesso di bassa qualità. La tecnologia è differente e gli ingredienti sono diversi rispetto a quelli italiani. La Bashkiria oggi è al primo posto in Russia per la produzione di latte: questa regione sarebbe disposta a collaborare con gli stranieri e a concedere loro i propri impianti per la produzione di formaggio.
Perché un imprenditore straniero dovrebbe scegliere di produrre formaggio proprio in Bashkiria?
Il latte qui costa pochissimo e anche la manodopera ha un prezzo molto ridotto. A poche centinaia di chilometri da lì si trovano diverse regioni dove la domanda di questi prodotti è piuttosto alta. Ecco allora che si avrebbero materie prime, produzione e vendita in un unico luogo. Lo stesso discorso vale per la carne: i russi ne mangiano molta e la Bashkiria è ai primi posti per la produzione di carne.
Sarebbero previsti aiuti o agevolazioni fiscali?
Ci sono ditte statali che potrebbero essere date in concessione gratuita, senza necessità di comprarle o di acquistare appezzamenti di terreno. E questa cosa non vale solo per la produzione di formaggio, ma anche per altri settori come la carne e gli insaccati. Un imprenditore straniero qui potrebbe godere di imposte più basse. Se prendiamo in considerazione i parchi industriali, poi, alcuni servizi come l’energia vengono forniti gratuitamente. Infine è possibile sottoscrivere un accordo per proteggersi da qualsiasi cambiamento economico e legislativo.
Qual è il primo step che dovrebbe fare un’impresa italiana interessata a percorrere questa strada?
Dovrebbe rivolgersi alla Commissione italiana della nostra Camera di Commercio, che non si occupa solo di progetti legati a Mosca ma ha contatti anche a livello regionale.
E per quanto riguarda i settori diversi dall’alimentare, su cosa bisognerebbe puntare?
In Russia c’è bisogno di modernizzazione: in campo industriale, dei trasporti, della logistica, della metalmeccanica e del risparmio energetico. Per esempio, solo adesso ci stiamo avvicinando all’idea del risparmio energetico e negli edifici più nuovi di Mosca si stanno installando termosifoni diversi, non centralizzati, ma che permettono di regolare la temperatura nell’ambiente. In questo senso l’Italia ha competenze e tecnologie valide, che ci servirebbero molto.
Quello del risparmio energetico però è un settore in cui la Russia è ancora molto indietro…
Nel 2013 è entrata in vigore una legge sul risparmio energetico che regola anche il consumo dell’acqua: dal primo gennaio di quest’anno le tariffe dell’acqua sono aumentate del 40% per coloro che non hanno installato il contatore. E metà delle abitazioni di Mosca ancora non ce l’hanno. Ora si sta pensando di applicare lo stesso criterio anche per il riscaldamento: un processo sicuramente più complesso visto che in Russia è tutto centralizzato, ma piano piano ci si arriverà. Anche se in maniera molto lenta, la cultura del risparmio energetico sta attecchendo anche da noi e sono convinto che per gli stranieri ci sarebbero interessanti opportunità. D’altronde l’Italia ha competenze e tecnologie molto valide: esattamente ciò di cui la Russia ha bisogno.
Pensa che i rapporti tra Italia e Russia potrebbero tornare ai livelli che c’erano prima delle sanzioni?
Io credo di sì. A livello personale con gli italiani non è cambiato niente. E gli ultimi segnali che arrivano da Bruxelles e da Washington lasciano intendere che entro la fine dell’anno le sanzioni potrebbero essere tolte: si è capito che non servono a niente. E adesso bisogna iniziare a pensare al dopo-sanzioni.
Lucia Bellinello